Tartufi

Stato con trifolao della provincia di Asti. Non un professionista che vive di quello, fa un altro lavoro, ma si capisce che in testa ci sono i tartufi.

Il mondo dei tartufi è molto occupato da cani, e la singolarità specifica dei cani vi è molto viva. Ognuno ha un suo modo di cercare e di percorrere lo spazio col naso. Ci sono delle razze considerate adatte al tartufo, ma secondo il nostro trifolao i migliori sono i bastardini, che lui prende da cuccioli per allevarli lui. Un buon cane da tartufi può valere 4 o 5mila euri, un campione anche 7mila.

Il trifolao prende un compasso e traccia un cerchio di 6km di raggio intorno a casa sua, non sconfina, perché lo spazio del tartufo è sempre occupato da altri, e questo autocontrollo limita i conflitti. Dei conflitti la prima vittima è il cane.

Il tartufo genera truffe, raggiri, messinscena. E’ comune che quello d’Alba venga mescolato con altri tartufi bianchi meno pregiati, umbri per esempio, a trasmettere profumi e trarre in inganno. Quando Cristiano Ronaldo l’anno scorso assistette alla cerca del tartufo a Costigliole, il tartufo era già stato interrato in precedenza, non si voleva farlo venire fin qua e poi girare a vuoto. Perché andare a tartufi è un po’ come andare a pescare, devi avere pazienza con risultato incerto. Ma la pratica è diffusa, perché c’è un’economia laterale del tartufo fatta di pullman di stranieri, con i parcheggi dedicati, che vengono ad assistere al ritrovamento.

Questo significa che se non si può coltivare tartufi, si può però curare un contesto favorevole. Ci sono infatti piante più adatte — pioppo, quercia, tiglio. La pianta non deve per forza appartenere a un bosco, il trifolao racconta di un tiglio a Canelli che aveva un tartufo sotto l’asfalto. Vennero di notte col mazzuolo foderato di stoffa per togliere l’asfalto e con l’attenzione di un archeologo isolare il tubero.

Quando girava con suo padre non era raro tornare col cesto pieno, che oggi sia difficile trovarne è un segno di ambiente compromesso, piogge acide, prodotti di sintesi etc. Oggi è un’attività molto regolamentata, con patentino, corsi d’aggiornamento, polizie. Chi ne dubitava.

Il tartufo mi ha interessato perché NON si può fare online e NON sarà compreso dal Recovery Plan.

Le territoire agonise. Una microbiologia

Un sociologo francese, Bertrand Badie, scriveva negli anni ’90 di agonia del territorio di fronte alla potenza delle reti. Si può trasferire questo verdetto dal suo sfondo geopolitico alla scena vinicola? Per molti versi sì, basta pensare a come sono diventate determinanti le esportazioni di vino per la salute economica delle aziende. Per altri no: non si esporta proprio un territorio?

Anche nel vino sfuso, un settore di retroguardia, visto che riguarda consumi interni in calo secolare, il territorio è insieme una forza e un attrito per quel po’ di mercato di cui ancora campiamo i miei concorrenti ed io.

Sono al telefono con un produttore della provincia di Asti. Scusa, chi me lo fa fare di comprare una barbera di 15 gradi con sette e mezzo di acidità? I miei clienti hanno l’esofago delicato e non mangiano continuamente salame o bagna caoda. Scusa, ma perché devo fare una barbera d’Alba se faccio il vino a Costigliole? Senti, non è che in tutta la provincia di Asti la barbera sia come la tua. Vuol dire che l’arruffianano. Quest’anno l’ho raccolta tra gli ultimi, e ben, avevo quasi 16 gradi e 8 di acidità. Però la mia tra 10 anni è ancora a posto con 25 mg di solfiti, se ha cinque e mezzo di acidità tra un anno lo trovi un vino molle, etc.

Eppure è un fatto che si beve locale. Vorrei tentare perciò un’interpretazione microbiologica del territorio, che spiega perché hanno un senso i vini naturali.

Si beve territoriale perché c’è una parentela batterica tra il microbiota e lo strato pedologico, tra l’intestino e il terreno, e la città è misteriosamente aperta su questa continuità, vuoi che avvenga per filamenti fungini sotterranei o per correnti microbiche aeree o per resistente memoria storica di cose assenti. Mi portò a simili ragionamenti un articolo di Michael Pollan sul microbiota. L’articolo contiene l’importante concetto di patina fecale, che coprirebbe il mondo che abitiamo. Parmi l’Italia un posto adatto per studiare il fenomeno, qui più che patina sembra una mano di vernice.

Risvolti psichici del cambiamento climatico

Si può anche ricordare la trentennale glaciazione dei primi decenni del ‘600, testimoniata da quadri olandesi in cui si pattina invece di camminareavercamp_hendrick_1585_1634_winter_scene_on_a_frozen_canel_LA_County_museum_of_Art_640, si può insomma anche essere trumpiani al proposito, ma è difficile negare un cambiamento climatico. Giovanni imparò a sciare qui, a Calosso, c’era tanta neve in Monferrato quanta a Bardonecchia, e sono impresse nella sua memoria vendemmie sotto la pioggia, con tanto fango da scivolare via lungo i filari.

Diversi disciplinari sono di quegli anni, tutti orientati a garantire un minimo di gradazione alcolica. Ma oggi che il problema sarebbe semmai inverso, come stare sotto un massimo, a che serve un disciplinare? A 16 gradi scatta la tagliola dei vini speciali, l’acqua, anche quella bidistillata è tracciabile, puoi ritrovarti con del vino di grande qualità da 16,50 di alcol e non sapere che fare.

Lo vedo Giovanni, costernato. Sente di fare il figurante in qualcosa che lo supera. L’orgoglio della qualità è difeso dal secondare la natura ma torbidato di inquietudine.

E’ noto infatti che il Lato B ha un suo carattere filosofico che emerge già dopo il secondo bicchiere, ma 15,50 di alcol pongono degli interrogativi sulla sua identità di <vino da pasto>, accampano esigenze sul cibo di affiancamento, alzano il sopracciglio dell’acquirente finale. Tutti, produttore commerciante e cliente, sentiamo che a queste misure c’è qualcosa in ballo.

Dal punto di vista filosofico è la negazione dell’etica aristotelica del giusto mezzo e della moderazione. Da quello psichico, è una ripetizione di quanto porta Freud a scrivere Al di là del Principio di Piacere, la scoperta che gli uomini amano farsi del male da soli. Il Todestrieb non è una circostanza, ma un programma pulsionale. Dal punto di vista teologico equivale all’affermazione che l’inferno non è vuoto.

Quante cose, materiali e immateriali, in un bicchiere di Lato B!