Apprendiamo che Farinetti non è renziano ma renzista. Chissà se è baricchiano o baricchista, chiamparano o chiamparista, di sicuro è altruista questo capitalista di relazione. E governista, non fosse per i succhi di frutta. Mille a casa e lui è contento, a noi un milione sembran pochi. Galerista agli evasori e patrimoniale per tutti, non è padoaschioppano lui è padoaschioppista.
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Quando le costellazioni si allineano malignamente, non c’è più buona intenzione che tenga, diventa regola l’eterogenesi dei fini. Riflettiamo sulla legge che dal 24 ottobre regola i pagamenti nel settore agricolo e alimentare, 30 e 60 giorni. Mettiamo sullo sfondo la pretesa che a regolare sia chi ha 90 miliardi di debiti commerciali non iscritti a bilancio. Mettiamo da parte la Grande Distribuzione che ha già ben impostato il problema col suo fornitore — io mi metto subito in regola e ti pago a 60 giorni quello che prima ti pagavo a 180, tu mi fai lo sconto del 2 o del 5 percento.
Quello che rimane è il mercato con i suoi milioni di transazioni. Ora la transazione deve seguire un contratto scritto. Senza eccezioni. Se io barista sono rimasto senza cotto per fare un toast e vado dal salumiere a comprare due etti di prosciutto e mi sono dimenticato il portafogli, allora sottoscriverò un contratto in cui si specifica il tipo di prodotto, la quantità, l’anagrafica e la data di stipula. Me ne andrò contento col prosciutto e la certezza di avere evitato una multa da 500 a 500.000 euri. Pazienza per il cliente perso perché il toast andava per le lunghe.
Il salumiere sarà un po’ meno contento, perché emettere una RiBa ha un costo fisso. Lo roderà anche il tarlo della scadenza, perché la RiBa inosservata ha un altro costo fisso, ma soprattutto perché il pagamento oltre i termini lo obbligherà alla denuncia del barista. A chi? All’Antitrust! Per concorrenza sleale! Se non lo farà sarà multato da 500 a 500.000 euri e l’Antitrust lo consegnerà al braccio secolare, la Guardia di Finanza.
C’è da sperare che molto di ciò sia grida come altri 300.000 regolamenti, vigenti, inosservati e ricattanti. Leggiamo alcuni segni dei tempi: l’obbligo alla delazione. Come in Unione Sovietica negli anni ’30, quando la moglie del sabotatore era arrestata per NON aver denunciato il marito.
L’ipocrisia: la denuncia fatta non direttamente alla Guardia di Finanza ma all’Antitrust, che dovrà girarla alle Fiamme Gialle — anticamera della crescita smisurata del personale dell’Agenzia.
La crescita tumorale degli oneri e dei costi amministrativi, patibolo della microimpresa. Alla scadenza va rifatta fattura con l’aggiunta degli interessi, chissà se anche questa andrà nel PIL, sarebbe un modo per far crescere il denominatore, contare due volte le fatture e in più la mora.
Sarà l’alleluia dell’assegno postdatato. Con la facilità odierna dei fidi bancari, sarà un incentivo a viaggi e spedizioni più piccole e frequenti, il just in time alimentare con contorno di CO2, preludio alla scarsità delle merci e all’inflazione dei prezzi.
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Apprendo qualche giorno più tardi che la Ferrero non si piega e va a comprare il latte in polvere in Francia e Grecia, dove potrà pagare con la sua proverbiale puntualità a 180 giorni, mettendo i fornitori italiani di fronte al licenziamento e alla chiusura.
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Ho avuto di nuovo la RepFro in negozio. I Repressori mi hanno contestato molti nomi dei vini. Già usavo delle sigle, ma non vanno bene neanche quelle. Dct o nbl sono allusivi, come l’oracolo non dicono ma accennano e il monopolio di Stato sui sostantivi non tollera neanche questa concorrenza sgangherata.
Mi piacerebbe approfondire la linguistica del Ministero. Se la struttura consonantica è proibita, lo sarebbe anche quella vocalica? Oeo oppure eioo mi sarebbero consentiti? E un anagramma, potrebbe andare? O se crittografassi i nomi autentici e distribuissi il codice ai clienti, sarei giudicato colpevole?
Nei primi anni Trenta Stalin appoggiò le teorie di N. Marr, secondo il quale a) la lingua era un fenomeno di classe (una sovrastruttura sui rapporti di produzione) e b) tutte le parole derivavano dai suoni rosh, sal, ber e yon. I linguisti di diversa opinione vennero imprigionati o fucilati. Nel 1950, all’età di settant’anni (e immerso fino al collo nella crisi coreana), Stalin trovò il tempo di scrivere o almeno supervisionare una rabbiosa denuncia in 10.000 parole delle tesi marriste. Conquest riporta una delle sue tipiche frasi: “Quegli accademici – Stalin scriveva con orrore – si erano arrogati troppo potere”. E toccò ai marristi essere rimossi dai propri incarichi. (Martin Amis, Koba il Terribile, Einaudi, p. 172)
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Veniamo alle cose serie, amico. Sto per aumentare tutti i prezzi. Per avidità? Vieni a passare una settimana con me, vedrai che tenore di vita. Non ho scelta, sono di fronte a forze più grandi che me l’impongono. L’occasione sono gli aumenti del vino all’ingrosso in tutte le fasce di prezzo, ma questi arrivano all’ultimo atto, dopo una lunga serie di aumenti. Il gasolio, i contributi, le tasse comunali, le tasse regionali, le tasse statali, le assicurazioni, le banche, le poste, i trasporti, l’energia elettrica, il gas, un punto di iva prima, un punto di iva poi e molto dimentico.
Il mercato di fronte a consumi magri ha creduto di poter assorbire questo quotidiano arretramento dei margini di profitto senza toccare i prezzi. Adesso è con mezzo piede sul solido e il calcagno sul vuoto. Si diffonde lo stato d’animo Al diavolo! Non si può continuare così!. La cosa interessante è il movimento collettivo, c’è stato il tempo per comprendere e adesso è il momento di concludere. Saranno aumenti sostanziosi e uniformi, sicuramente nel settore del vino, ma temo nel settore alimentare e in tutti i settori. E’ l’inflazione, bellezza, e tu non ci puoi fare niente.
Ricordo che secondo la Scuola Austriaca l’inflazione dei prezzi è solo l’effetto finale dell’inflazione monetaria, provocata dallo Stato e dalla Banca Centrale. Se cerchi avidità, è là che puoi trovarla.