In memoriam

Tra un paio di giorni ricorre l’anniversario della morte di Caracciòlo Piero, ne parlavo qui 9 anni fa. E’ Giovanni che mi vuole mostrare la sua foto, da una qualche pubblicazione che ormai solo una parrocchia di campagna può produrre — bisogna che ci sia un qualche senso di comunità dietro un foglio così, e sentire che ne fanno parte vivi e morti. Nella Città-che-non-sta-ferma hanno ragione solo i vivi, e tra questi di più quelli che comunicano, ad alta voce nel loro quarto d’ora o con programmatica costanza se scelgono l’alt-spazio.

Caracciolo 75 enne

L’occhio di Giovanni è umido mentre spende due parole di intima commemorazione. Perché Caracciòlo Piero ha vissuto come un passero evangelico, senza domani, senza casa — randagio, non lingèra — ma non senza un mestiere. Non stendeva la manina mentre l’altra ripone uno smart phone nella tasca posteriore, come è così comune vedere fuori dei nostri supermercati. Anzi, non ha mai rivendicato la pensione! Fu il sindaco di Calosso che, quando Caracciòlo era alla soglia degli 80, si diede da fare per bugè le carte per fargli avere la sociale e così un reddito con cui internarlo all’ospizio di Incisa Scapaccino. E forse accorciargli la lunga vita, aggiungeremo. Oh strade lastricate di colpevole pensiero unico, oh foucaltiane buone intenzioni di assistenza nella provincia astigiana!

La foto risale ad almeno undici anni fa, prima che venisse ripulito dal Welfare. Possiamo ipotizzare che avesse 75 anni — che tempra ancora! La sigaretta rollata, la bottiglia di vino nel sacchetto di carta, sullo sfondo casa sua, l’Aperto, il capello che non cade ma tende alla volta celeste…

Sospetto che Giovanni non si confessi che Caracciòlo Piero sia l’unico esempio concreto di esistenza alternativa alla partecipazione al Baraccone Insostenibile, con corredo di sofferenza da reddito obbligatorio, e anch’io se mi guardo attorno non vedo molto. Anch’io mi identifico quando sento che i cesti di Caracciòlo costavano talmente poco che l’acquirente lo incitava a prezzarli più alti, e Piero rispondeva che era già tutto così caro. Oh Caracciòlo bastione del potere d’acquisto, oh rifugio randagio di un’economia di mercato responsabile!

Nebbiolizzazione

Avviene una nebbiolizzazione del Piemonte, espressione sentita per la prima volta sulla bocca di Sandro Barosi. Vi concorrono ragioni di mercato, i viticoltori estirpano dolcetto per piantare nebbiolo ingolositi dal prezzo. Sono vittime di mode o razionali calcolatori delle forze in scena? Vi ha infatti ruolo di primo piano la Regione, con costruttivistico progetto di sporgere il Piemonte vinicolo sui mercati esteri, a confrontarsi con una Borgogna Pinot Nero, un Bordeaux Cabernet Sauvignon.

A monte le diagnosi sbagliate dell’economia pianificata, a valle controlli ferrei, sistematiche visite di polizie, incremento metodico di costi via regolamenti. E’ così che si incentivano gli uni e si scoraggiano gli altri, così si creano i deplorables agricoli, i left behind di campagna, i forgotten men del Piemonte eccentrico. Piemonte o Langhe Nebbiolo? La lotta è al coltello, secondo rumors i carabinieri che hanno contestato la frode al presidente del Consorzio del Barolo non arrivano da Alessandria per caso.

Nas attivi anche con i piccoli, vanno gentilmente da Giorgio Sobrero a prelevare campioni per analisi del DNA, che sul mercato valgono 700 euri ciascuna, e stabiliscono che uve, se zucchero o acqua aggiunti. Sobrero gentilmente considera che l’effetto combinato dei disciplinari, che impongono il diradamento; del clima, che alza il grado al limite; dei controlli sul tasso alcolico, che vogliono lo zero, mette il produttore nella gentile posizione di Houdini in catene sott’acqua.

Per andare da Sobrero mi fermo da Destefanis a ritirare un campione. Gianpaolo non c’è, la mamma mi offre un caffè. Noto padella sul putagè, che bolle su fuoco alto, chiedo cosa prepara. Il dado. Mezzo chilo di tutto, cipolla carote sedano carne, un’erba che non ricordo, sale q.b. Cottura a restringere, poi si passa, si imbarattola caldo e dura un anno. Il problema sono le verdure, una volta erano più secche e gustose, oggi una carota vale un sedano, il più è acqua. E impestate più della carne. Mentre giro il cucchiaino mi chiedo se in un’orizzontale alla cieca troverei il dado di Miss Dado più buono di questo dado degli ultimi giorni.

Somma termica

Sentito il Presidente del Consiglio annunciare come razionale che i controlli non avvengano più uno dopo l’altro, ma tutti in una volta. Contando 14 controllori abilitati in agricoltura (fonte Coldiretti), viaggianti in coppia, che forma prenderà la visita? Non era meglio abolire qualche tipo di sbirro?

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In vendemmia si sono ripetuti i controlli con elicotteri, foto aeree e vari dispiegamenti di forza, la Repressione Frodi e l’Ispettorato del Lavoro devono essere adesso accompagnati dai Forestali, che hanno le armi.

In Veneto ci sono stati dei problemi enormi, ma almeno il Presidente della Regione ha esortato gli sbirri ad andare a controllare le scadenze nei supermercati durante la vendemmia. In Piemonte invece la certificazione della qualità è sacra, come le tasse e i debiti.

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Claudio Rosso ha dovuto declassare la Barbera Superiore San Martino, la commissione di esaminatori l’ha trovata difettosa, con tratti ossidati e maderizzati. Il colore peraltro era a posto, dettaglio che già non quadra. Claudio ha avuto il torto di sottoporre oggi alla commissione la bottiglia invecchiata, è meglio, come sanno i barolisti, fare domanda d’idoneità subito, prima dell’invecchiamento, processo che evidentemente aggiunge e toglie troppe più cose di quante i sensi degli esaminatori siano disposti ad ammettere.

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L’annata è stata un’enciclopedia delle malattie, oidio, peronospera, tignola, suzukii e flavescenza. Portare a casa dell’uva decente è costato il 50% in più, tra prodotti e manodopera, e la quantità è scarsa, talora anche il 50% in meno. I biologici hanno avuto vita dura, ma anche i prodotti sistemici non hanno dato grande prova di sè.

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Massimo Rivetti è in conversione biologica. C’è sullo sfondo un movimento in Langa verso il bio, Ceretto per esempio, e in azienda l’entrata di uno dei figli. Ma è tempo che gli sento esprimere una convinzione interiore, una contentezza.

Sembra che l’annata, problematica o deprimente altrove, sia stata a Neive dignitosa. Non ha grandinato, non ha piovuto troppo e le uve, in particolare il nebbiolo e nonostante una somma termica inferiore di un quarto all’anno prima, sono più che decenti.

In cantina poi Massimo ha avuto una fermentazione liscia e veloce. Tende ad attribuirne la causa ai nuovi metodi colturali, dicono che il rame ostacola la fermentazione, ma io dovrei dire che la favorisce, usiamo solo rame.

Mi mostra una decina di barrique messe in verticale dove sperimenta una fermentazione più lunga, con batonnage e ossigenazione maggiore. Se mi soddisfa, investirò in qualche tino troncoconico. Sorride, pensando a come i passi avanti somiglino a passi indietro.

San Giovanni

4_miliardiDi dieta frugale, occhio e favella sugli ultimi giorni, quanto sia entusiasta Giovanni Battista di finire patrono di tale municipio, ti lascio immaginare. Col principe del debito governatore, la sorella di Baricco in Consiglio e Antonella Parigi alla Cultura, il 24 corrente mese tengo aperto per mia penitenza personale, col cartello sottoscritto da Giovanni in persona, Niente da Festeggiare.

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Il vignaiolo ruteno, che vidi una volta in cucina consultare un repertorio di rimedi omeopatici, mi aspetta sul cancello. Ho appuntamento. Una volta lasciavo tutto aperto, adesso quando sento un’auto spio da dietro la tenda. Se è bianca, libero i cani e faccio il morto.

Dev’essere qualche tipo di sbirro, che viene a casa mia a dirmi come devo fare, a sfilarmi dei soldi con una multa. La misura è colma, ho messo in vendita l’azienda, casa cantina terra, torno in Rutenia.

Per vent’anni ho cercato di diventare italiano, non mi hanno neache dato la cittadinanza, tra me e mia moglie non facevamo un reddito abbastanza alto. Per forza, guardavano il reddito agrario. Non poter votare mi rodeva.

Ma oggi ringrazio di essere rimasto ruteno. Quello che una volta mi piaceva degli italiani, l’arte di arrangiarsi, di trovare esiti tortuosi di fronte alle leggi, oggi mi appare come invidiosa piccolezza, che li lascia alla mercé di uno Stato costoso e invadente.

In Rutenia in fondo, quando i funzionari centrali salivano con le loro pretese, abbiamo sempre avuto la santa ispirazione di cacciarli con le nostre forchette (forconi, ndr).

Lacrimogeni

Se per quanto ministeriali, impiegati in numero di due si sentano autorizzati ad andare per aziende a minacciare punizioni non per reati contro la salute pubblica, ma per opinioni espresse su privato sito web e consonanti con lo spirito di Mario Soldati, ci si immagini cosa potrebbe accadere all’amministratore se si permettesse di affermare che il commento della Bugiarda agli scontri del 19 luglio sulla Via dell’Avanà merita tuttalpiù disgustata commiserazione. (Cosa aspettarsi da due etti di cellulosa in cui la cosa più leggibile è la paginata quotidiana di Farinetti?)

Perciò ci limiteremo al vino, per assicurare i clienti che il nostro avanà sfuso NON sa di lacrimogeno.

bugiarda

 

Pinot nero

Il 5 giugno 2013 alle 9 e qualcosa imboccava la statale 24, una strada poco percorsa che amava. Era diretto a Gravere, località Colfacero, da Sibille. C’era stato sei anni prima in una giornata di pioggia autunnale, non si era accorto della bellezza del posto. Andava a prendere del Piemonte Pinot Nero del 2011, uno sfuso con i piedi in Valsusa e la testa in Borgogna.

sibille_tre_generazioni Per qualche ragione Fulvio liquidava la cantina, bottiglie e vasche. Due anni di crisi gli guastavano la cassa, le diffidenze delle alture lo isolavano, ripiegava su una trincea più antica, fatta di uve più che di vino, e di animali. Era l’occasione per contemplare tre generazioni, Fulvio, suo padre e suo figlio, incerto sulla strada.

Era ancora presto quando si mise sulla via del ritorno e decise per un pranzo in città. Del resto dove fermarsi in valle? Fulvio suggeriva il Phoenix a Condove. Rimandò. Alle 12 e 10 smontava dal furgone e raccoglieva il casco per recarsi alla Grande Muraglia. No no no no no, non era il vino e il mercato il perno della giornata.

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In quel momento entravano due signori del Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari.

Chiedevano una bolla. Poi una fattura. Contestavano che per la tracciabiltà bastasse chiamare il vino col nome del produttore, ci voleva un Registro di Carico e Scarico. Del resto lei ce l’aveva una volta, come mai non ce l’ha più? Per non dovervi incontrare troppo spesso, pensava, ma s’inquietava – ho restituito il Registro quattro anni fa, come sanno, se a loro dire è un controllo casuale?

Si disperava – non posso subordinare tutti i gesti della mia economia a un Registro, non funziona così! Lo sappiamo, ma la Legge è questa. Anzi le consigliamo di cambiare atteggiamento, altrimenti potremmo manifestare un’altra faccia, metterle tutto sotto sequestro e allora sì che può anche darci le chiavi. Le aveva infatti gettate sul bancone, come si fa in questi casi, che venissero loro a lavorare.

Poi guardando gli scaffali enunciavano – sappiamo cosa dice di noi sul suo blog. Faccia attenzione! Le consigliamo di togliere i suoi pareri sull’Ispettorato. Lei rischia una querela per diffamazione. Faccia attenzione!

Si scandalizzò – a questo siamo! alla censura! Non basta più alle leggi ubbidire, bisogna pure stare muti! Ma aveva un sorriso interiore – ecco in carne ed ossa la metà dei suoi quattro lettori, ed erano sbirri. Era diventato il Vaclav Havel del vino sfuso.

Tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi si faranno marchiare sulla mano destra o sulla fronte, e nessuno potrà nè vendere nè comprare se non è marchiato con il nome della bestia o con la cifra del suo nome (Ap. 13, 16-17).

Rubagalline

Era un’ora di sole e vento tra un acquazzone e l’altro, nel cielo di Sessame un falco faceva il palo. Fermo, come una stella polare, mentre quaggiù ogni ramo ondeggiava. Vedemmo la picchiata, ad angolo 5, intuimmo la preda.

Immagine del presente. Drone, acquisizione Gestalt, database, rostro del Repressore. Per il poi sviluppare mimetismo, camouflage, muoversi molto lentamente o meglio ancora fare il morto. Vita sociale catacombale.

Qualche giorno dopo a Calosso pensavamo il poi in altro modo, guardavamo all’orto come via di scampo. Basta con gli ettari di vigna, una giornata a orto è la misura, e una giornata per gli animali. Ahi ahi, a Calosso non ci sono falchi, il nemico è chiamato Gratta e Vinci, che pretendeva al bar le galline migliori siano al Poggio. Il rubagalline, immagine del presente che fa ombra sul poi.

A Clavesana il presente è un controllo dell’Asl. Vogliono certificati di conformità. Delle vasche, dell’acqua potabile, delle esche per i topi, delle bottiglie, dei tappi, dei bag-in-box. Ha trenta giorni per produrli, dopo saranno mille euri di sanzione per ogni certificato mancante. Il domani non è il poi.

A Calamandrana il poi sono associazioni di mutuo soccorso, questa settimana diamo il bianco da Mario, la prossima raccogliamo da Gino. Non aboliamo la moneta, ma riduciamo al minimo la sua circolazione.

A Castiglione Tinella il poi è una stinta mappa su carta pergamena, decifrando la quale un discendente di nome Gioele conterà dieci passi dal vecchio olmo prima di mettersi a scavare. Troverà una mazzetta di banconote fuori corso avvolte in un sacco di plastica incompostabile, che il suo avo preferì nel 2013 nascondere qui invece che farsi incipriare sul conto corrente.

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john_libro_01 And now for something completely different, il libro di John Irving. Non comprare una porcheria a 9,90 in autogrill, spendi 14,50 da me e mettilo da parte per l’estate, sarà un amico pieno di humour sulla spiaggia di Diano o di Follonica. Certo, non parla male di Slow Food (Sai, sono loro che mi pubblicano…), ma ti regalerà un intervallo di fratellanza con i tuoi connazionali e di decisa simpatia per gli inglesi.

Decrescita

Le cose nel GULag migliorarono quando i detenuti cominciarono a giustiziare i delatori.

Fu un’epoca nuova, allegra e un tantino paurosa nella vita del lager speciale. In definitiva, non eravamo fuggiti noi, erano fuggiti loro, liberandoci della loro presenza. Epoca inaudita, impossibile su questa terra: un uomo con la coscienza sporca non può più coricarsi tranquillamente! L’ora dell’espiazione non suona nell’altro mondo, non è rimandata al giudizio della storia; è un’espiazione viva, tangibile che alza su di te, all’alba, un coltello. Situazione immaginabile solo in una fiaba: la terra della zona è morbida e tiepida sotto i piedi degli onesti, spinosa e ardente sotto quelli dei traditori! Non si può augurare altrettanto allo spazio oltre la zona, al nostro mondo libero, che mai ha veduto tempi simili, nè forse mai li vedrà. (Solzenicyn, Arcipelago GULag, III)

Era il 1950, il GULag aveva trent’anni, il sistema allo zenit della potenza. Chi ha orecchi per intendere, intenda.

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E che, ci voleva un Beppe per incentivare la decrescita, quando abbiamo un sistema intero dedicato.

Da luglio sarà esteso il DAco, bolla di accompagnamento vidimata in Comune, anche alla damigianetta dell’ultimo pensionato ansioso di imbottigliare da sè il vino comprato in campagna. In alternativa l’agricolo potrà microfilmare la bolla o inviare in via telematica i dati secondo le specifiche dell’Ente. Mettiamo che l’addetto in Comune sia in mutua, che l’agricolo non sia fornito di telecamera e che i server dell’Ente siano fuori servizio, coincidenza di eventi con una certa probabilità di sussistere, cosa farà il pensionato o il trasportatore? Fissera’ il panorama, in attesa che lo stallo si sciolga. O pagherà la damigianetta in nero. O manderà tutti a cagare. Taxation by regulation, trasferimento di reddito dal produttore al sindacato, dal prigioniero numerato agli amici degli amici.

Ricevo un avviso della Corte d’Appello con il ricalcolo della Tassa Rifiuti, mi addebitano 23 mq in più. Il ricalcolo è retroattivo di cinque anni, più mora più sanzione del 100%. Totale 5000 e rotti euri. Quest’anno pagherei 10000 euri di Rifiuti, io che riciclo il vetro! Chiamo l’Ufficio, l’impiegata mi spiega che dovrò andare in Catasto con la delega e la fotocopia della carta d’identità del padrone di casa. Uh, un mucchio di tempo da perdere, faccio io. Ma lei sarà ben pagato per fare questo, no? fa lei. Per fare questo? Ma dove vive? faccio io. Certo che non vivo dove sta lei, fa lei. Occhio impiegata, che la terra dove posi i piedi non ti diventi spinosa e ardente.

Egregio Sig. Sindaco, si tenga pure i servizi e voglia assecondare la mia secessione. Preferisco essere taglieggiato dalla mafia, essa tutelerà la mia sopravvivenza meglio del Comune, che mi vuole morto.

E quel cliente che arriva con la Panda 4×4. Ha venduto la sua Mercedes 3000, stanco di essere fermato per sapere con quali redditi si permetteva. Racconta dell’amico dentista che gira tenendo nel cruscotto 1) verbale del primo accertamento, 2) dichiarazione dei redditi, 3) atto d’acquisto. Per rilanciare le vendite sai cosa penseranno? Incentivi.

E C. a Calamandrana che mi fa il resoconto annuale. Sono passati tutti, ASL, RepFro, NAS, Valore Italia, Forestali, in totale 11200 euri di multe. 1500 per l’HACCP compilata male, quando per non avere il registro la multa è di 500. Appena se ne sono andati, ho buttato il registro nel putagé, mi conveniva.

E quel cliente che ha messo il patrimonio in un casale toscano e volle fare una piscina per le tre camere e si trovò a dover rispettare la stessa normativa di una piscina olimpionica in cui si tuffano 5000 persone al dì.

E…

Inflazione

Apprendiamo che Farinetti non è renziano ma renzista. Chissà se è baricchiano o baricchista, chiamparano o chiamparista, di sicuro è altruista questo capitalista di relazione. E governista, non fosse per i succhi di frutta. Mille a casa e lui è contento, a noi un milione sembran pochi. Galerista agli evasori e patrimoniale per tutti, non è padoaschioppano lui è padoaschioppista.

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Quando le costellazioni si allineano malignamente, non c’è più buona intenzione che tenga, diventa regola l’eterogenesi dei fini. Riflettiamo sulla legge che dal 24 ottobre regola i pagamenti nel settore agricolo e alimentare, 30 e 60 giorni. Mettiamo sullo sfondo la pretesa che a regolare sia chi ha 90 miliardi di debiti commerciali non iscritti a bilancio. Mettiamo da parte la Grande Distribuzione che ha già ben impostato il problema col suo fornitore — io mi metto subito in regola e ti pago a 60 giorni quello che prima ti pagavo a 180, tu mi fai lo sconto del 2 o del 5 percento.

Quello che rimane è il mercato con i suoi milioni di transazioni. Ora la transazione deve seguire un contratto scritto. Senza eccezioni. Se io barista sono rimasto senza cotto per fare un toast e vado dal salumiere a comprare due etti di prosciutto e mi sono dimenticato il portafogli, allora sottoscriverò un contratto in cui si specifica il tipo di prodotto, la quantità, l’anagrafica e la data di stipula. Me ne andrò contento col prosciutto e la certezza di avere evitato una multa da 500 a 500.000 euri. Pazienza per il cliente perso perché il toast andava per le lunghe.

Il salumiere sarà un po’ meno contento, perché emettere una RiBa ha un costo fisso. Lo roderà anche il tarlo della scadenza, perché la RiBa inosservata ha un altro costo fisso, ma soprattutto perché il pagamento oltre i termini lo obbligherà alla denuncia del barista. A chi? All’Antitrust! Per concorrenza sleale! Se non lo farà sarà multato da 500 a 500.000 euri e l’Antitrust lo consegnerà al braccio secolare, la Guardia di Finanza.

C’è da sperare che molto di ciò sia grida come altri 300.000 regolamenti, vigenti, inosservati e ricattanti. Leggiamo alcuni segni dei tempi: l’obbligo alla delazione. Come in Unione Sovietica negli anni ’30, quando la moglie del sabotatore era arrestata per NON aver denunciato il marito.

L’ipocrisia: la denuncia fatta non direttamente alla Guardia di Finanza ma all’Antitrust, che dovrà girarla alle Fiamme Gialle — anticamera della crescita smisurata del personale dell’Agenzia.

La crescita tumorale degli oneri e dei costi amministrativi, patibolo della microimpresa. Alla scadenza va rifatta fattura con l’aggiunta degli interessi, chissà se anche questa andrà nel PIL, sarebbe un modo per far crescere il denominatore, contare due volte le fatture e in più la mora.

Sarà l’alleluia dell’assegno postdatato. Con la facilità odierna dei fidi bancari, sarà un incentivo a viaggi e spedizioni più piccole e frequenti, il just in time alimentare con contorno di CO2, preludio alla scarsità delle merci e all’inflazione dei prezzi.

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Apprendo qualche giorno più tardi che la Ferrero non si piega e va a comprare il latte in polvere in Francia e Grecia, dove potrà pagare con la sua proverbiale puntualità a 180 giorni, mettendo i fornitori italiani di fronte al licenziamento e alla chiusura.

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Ho avuto di nuovo la RepFro in negozio. I Repressori mi hanno contestato molti nomi dei vini. Già usavo delle sigle, ma non vanno bene neanche quelle. Dct o nbl sono allusivi, come l’oracolo non dicono ma accennano e il monopolio di Stato sui sostantivi non tollera neanche questa concorrenza sgangherata.

Mi piacerebbe approfondire la linguistica del Ministero. Se la struttura consonantica è proibita, lo sarebbe anche quella vocalica? Oeo oppure eioo mi sarebbero consentiti? E un anagramma, potrebbe andare? O se crittografassi i nomi autentici e distribuissi il codice ai clienti, sarei giudicato colpevole?

Nei primi anni Trenta Stalin appoggiò le teorie di N. Marr, secondo il quale a) la lingua era un fenomeno di classe (una sovrastruttura sui rapporti di produzione) e b) tutte le parole derivavano dai suoni rosh, sal, ber e yon. I linguisti di diversa opinione vennero imprigionati o fucilati. Nel 1950, all’età di settant’anni (e immerso fino al collo nella crisi coreana), Stalin trovò il tempo di scrivere o almeno supervisionare una rabbiosa denuncia in 10.000 parole delle tesi marriste. Conquest riporta una delle sue tipiche frasi: “Quegli accademici – Stalin scriveva con orrore – si erano arrogati troppo potere”. E toccò ai marristi essere rimossi dai propri incarichi. (Martin Amis, Koba il Terribile, Einaudi, p. 172)

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Veniamo alle cose serie, amico. Sto per aumentare tutti i prezzi. Per avidità? Vieni a passare una settimana con me, vedrai che tenore di vita. Non ho scelta, sono di fronte a forze più grandi che me l’impongono. L’occasione sono gli aumenti del vino all’ingrosso in tutte le fasce di prezzo, ma questi arrivano all’ultimo atto, dopo una lunga serie di aumenti. Il gasolio, i contributi, le tasse comunali, le tasse regionali, le tasse statali, le assicurazioni, le banche, le poste, i trasporti, l’energia elettrica, il gas, un punto di iva prima, un punto di iva poi e molto dimentico.

Il mercato di fronte a consumi magri ha creduto di poter assorbire questo quotidiano arretramento dei margini di profitto senza toccare i prezzi. Adesso è con mezzo piede sul solido e il calcagno sul vuoto. Si diffonde lo stato d’animo Al diavolo! Non si può continuare così!. La cosa interessante è il movimento collettivo, c’è stato il tempo per comprendere e adesso è il momento di concludere. Saranno aumenti sostanziosi e uniformi, sicuramente nel settore del vino, ma temo nel settore alimentare e in tutti i settori. E’ l’inflazione, bellezza, e tu non ci puoi fare niente.

Ricordo che secondo la Scuola Austriaca l’inflazione dei prezzi è solo l’effetto finale dell’inflazione monetaria, provocata dallo Stato e dalla Banca Centrale. Se cerchi avidità, è là che puoi trovarla.

Deutsche Dogliani

Ma come può durare?

Quando T. nel Roero fece la cantina a norma, si accorse che lavorarci era impossibile. La adattò per l’uso e non fu mai più a norma. Idem per il trattore: quando lo compri nuovo, la prima cosa che fai è togliere tutto lo scatolame di sicurezza, altrimenti neanche arrivi al cardano. O sei in regola sdraiato sotto il fico, o fatichi irregolare.

A Barosi capitò un controllo della Repressione Frodi lo stesso pomeriggio in cui lo controllavano due carabinieri. S’incontrarono sulla soglia, quelli che entravano e questi che uscivano. Scusate, ma se dedicate tutta questa energia a me che faccio ventimila bottiglie, quante volte andate da chi ne fa un milione? Risposero che dal milione non andavano, perché aveva qualcuno a busta paga per occuparsi delle norme.

Quest’anno gli hanno contestato l’etichetta del Langhe Nebbiolo doc. Doveva essere Langhe doc Nebbiolo. Fa da quattro a quindicimila euri, grazie. Se uno poi volesse chiamarsi fuori dalle doc infami, non potrebbe scrivere imbottigliato all’origine, perché origine è riservato alla o di doc. Nè potrebbe scrivere dall’azienda agricola pinco, ma solo pinco, non chiedermi perché, tutto per la tutela del consumatore. Riflettiamo sulla perversa piegatura del linguaggio, sul significato sradicato ma autorizzato d’ufficio.

Li conoscerai dai loro frutti.

I controlli erano conseguenti a controlli sugli enti certificatori, perciò mirati ai pochi produttori biologici. Ecco che toccò anche a Reichmuth, colpevole di avere scritto l’anno di vendemmia su un vino senza doc. Fa da quattro a quindicimila euri, grazie. Reichmuth con le lacrime agli occhi, di rabbia denke ich. Nessuno potrà capire, quando lo racconterò in Svizzera.

Conosciuto Reichmuth un anno fa, un vero spirito libero. Si definì omeodinamico, biodinamico omeopatico. Da anni coltiva naturale spinto, rifiutando anche il rame. Con risultati: tornano le formiche a mangiare i pidocchi, ad aerare il terreno. La flavescenza c’è sempre stata, ma si portava via tre piante l’anno, non diecimila. Il vero segreto è non far nulla, come sapevano in Borgogna fino agli anni ottanta, inizio della modernità.

Chiesi da quanti anni era qua a Dogliani. Disdöt. Si rivolse alla moglie in tedesco, poi di nuovo a me. Tra nuiauti parluma nen piemunteis.

Marcelin ‘d San Luis, così lo chiamano a Dogliani.

Ancora convinto, chiesi. Sì, ma il paese fa schifo, troppa burocrazia, troppe leggi, tutta la tecnologia diventata strumento di controllo.

I suoi vini hanno il problema di non essere tipici per doc e fascette. Dolcetti invecchiati, anche del ’99, cinque anni in botti da 50 quintali e anni poi in bottiglia, diventano dei cru di borgogna per complessità. Merito dei tannini, veri responsabili del vin de garde. Sì lo so, dissi, costano 500 euri al chilo. Sorrise…

Confronta il livello psichico dello zelante impiegato della Repressione Frodi e quello di Marcelin ‘d San Luis, poi dimmi che effetto ti fa dover andare a cercare l’anno nel numero di lotto sull’etichetta della sua bottiglia. Ti fa vomitare? Di rabbia denke ich.