Fragole e mirtilli

Al Laboratorio di Resistenza Dociaria di Alba ho comprato una confettura extra di fragole che era come la madeleine di Proust. Era fatta dalla Cooperativa Agricola Terranova di Luserna San Giovanni.

Niente su internet, buon segno, mi metto in strada. Trovo il posto a naso. Un uomo mi aspetta sul cancello. Come mai non c’è indicazione, neanche un cartello? L’uomo alza le mani, abbassa la testa e dice va bene così. L’uomo si chiama Giampiero Spadotto.

Parliamo, è il buon incontro.

La cooperativa ha più di trent’anni alle spalle. Figli del ’68. Ci fu allora un certo movimento verso la campagna, il progetto di vivere di poco ma stare senza padroni. Si arrivò a 25 cooperative agricole in Piemonte. Tentativi di consorziarsi. Contabilità in comune. Naufragio per eccesso di riunioni. Poi il mercato e i fallimenti. Valli Unite ha realizzato il progetto d’origine. Terranova? In parte. La vita un bivio dopo l’altro ti trovi che sei senza alternative. Oggi sono un topo di laboratorio. Indica dove si trasforma.

Dodici soci conferitori. Uno dei soci da giugno a settembre va in montagna a raccogliere i mirtilli selvatici. I ramassin molto buoni. Da quest’anno si usano le castagne del posto invece delle garessine.

Inizi molto duri. Molta fatica per remunerarsi 6000 lire l’ora. Quando ci siamo assestati, c’è stata la crisi del ’92. Improvvisamente le vendite calano dell’80%. Sugli scaffali appaiono marmellate confezionate come le nostre ma fatte con la pectina. La pectina contiene dei residui chimici della lavorazione, inoltre ti permette di fare molto più prodotto. Le marmellate tradizionali perdono acqua, con la pectina aggiungi acqua.

La marmellata industriale si fa in boule, che funziona al contrario di una pentola a pressione. Noi facciamo con le stesse pentole di rame a cielo aperto con cui abbiamo iniziato, da 25 chili ciascuna. Sono due. Farebbe differenza se fossero in inox? Nno, però queste sono più difficili da tenere pulite, così siamo costretti ad attenerci maggiormente alle procedure, questo è un bene. Il risultato è un prodotto che più che artigianale, definirei casalingo. Come quello che faceva tua mamma e tua nonna. Stai nella languida catena delle generazioni.

Il laboratorio è pulitissimo. Nell’aria l’odore delle castagne sciroppate. Giampiero non ha intenzione di crescere come attività, fare investimenti in attrezzature. Se fosse la tua vita, lo capirei. Ma quando la tua passione è altrove? Ti passa, la voglia.

Non voglio dire qual è l’altrove di Giampiero Spadotto.

Andiamo in paese. Per strada mi fa segno alle due chiese che si guardano, una valdese e l’altra cattolica. Pranziamo in vera osteria, con vino cattivo come si conviene. Un vecchio mangia da solo al tavolo accanto. Nel pomeriggio parte per Vasto. Va dal figlio, arriva anche la figlia da Londra per le vacanze di Pasqua. Ci racconta la sua storia, una storia di emigrazione e integrazione. La storia comincia così: Mi sun ‘d Benevent.

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