Non lasciare che il vino venga a te, vai tu al vino. Per rispettare l’insegnamento di Soldati, mi sono deciso a superare l’ansia per aerei e aeroporti e sono andato a vedere di persona dove e da chi vengono prodotti il Nero d’Avola e il Catarratto che vendiamo da quasi due anni: la cooperativa Valdibella a Camporeale, nella valle del Belice.
Mai stato in Sicilia prima, quando mi hanno accompagnato a vedere le vigne dei soci sono rimasto interdetto. Ho provato quello che metà dei visitatori della Sicilia prova: un senso di riprovazione inespressa per la trascuratezza dei particolari, e il pensiero che i siciliani non sanno quello che hanno per le mani.
Ma è una campagna diversa dalla nostra, perché pochi sono quelli che abitano dove lavorano, e ha una storia che s’intitola quantità. Gli appezzamenti sono più grandi e i coltivatori sono stati male educati dal clima e dalle leggi della monarchia e della repubblica, ultima quella sui sovvenzionamenti alla distillazione.
Qui ho visto per la prima volta gli effetti della vendemmia meccanica: efficiente, la macchina non tralascia nulla, aspira anche l’ultimo acino. In mezzo però raccatta anche tralci, grilli, lumache, lucertole, pezzi di ferro.
Quest’anno è andata storta, in certe vigne la peronospera s’è portata via anche l’80% dell’uva. Ci sono state delle piogge di maggio che hanno colto impreparati molti, in particolare tra i coltivatori biologici, abituati a fare pochissimi trattamenti di rame, talvolta neanche uno in tutto l’anno. Poi ci sono stati tre mesi senza pioggia e il secco se n’è portata via un altro po’. Quest’anno l’uva è cercata.
La cooperativa Valdibella raggruppa 6 piccoli produttori biologici, per un totale di 40 ettari di vigna. La raccolta è a mano e le rese basse. La cantina, piccola e pulita, sta su un fondo di proprietà dei salesiani, diretto da don Peppe. Sul fondo stanno anche due case che ospitano ragazzi in affidamento giudiziario. Alcuni lavorano in cantina, che è nata proprio con questo fine. In cantina si vinificano degli internazionali — chardonnay, cabernet sauvignon, merlot, muller thurgau, sauvignon — e degli autoctoni: nero d’Avola, catarratto, grillo e perricone.
La testa del gruppo è Massimiliano Solano, agronomo e produttore biologico dal ’94. Massimiliano ha convinto diversi coltivatori nella zona a convertirsi al biologico e probabilmente sogna l’intera valle del Belice come una valle biologica. Quando gli ho chiesto chi l’avesse instradato, mi ha fatto il nome di Girolomoni di Alce Nero. Massimiliano è dolce come un fico, ed è con dolce ostinazione che porterà in nero i bilanci della cooperativa. Niente sovvenzioni, solo autenticità e mercato. Ah, ma è la nostra stessa strada.
Si sarà capito che le motivazioni di Valdibella vanno aldilà del vino, che vogliono dimostrare in paese che si può fare, che — senza amicizie particolari e semplicemente rispettando la terra — i mercati si aprono e delle famiglie possono vivere del loro lavoro. A Camporeale la cooperativa Valdibella sta tra le forze del bene.
Faccio cena all’aperto con i soci e le donne e i ragazzi e don Peppe. E’ una sera fresca di tramontana, l’umanità non ha urgenza di esprimere nulla, i consumi di vino sono morigerati, il sonoro un alternarsi di italiano e siciliano a 78 giri. Uno dei soci ha nome Montalbano e immagina una bottiglia che si chiami così. Sotto voglio scriverci solamente: Sono. Finisce con una crostata di albicocche buonissima. Ma è biologgica? E la donna risponde: Il burro non era delle mie vacche, lo zucchero non era delle mie canne, di certamente biologgico avìa solamente la marmellata.