Approfittando di provvisoria libertà, mi dirigevo a Est, verso la scorrevole lingua madre se poe far, lontano dall’esplosivo ‘a spol nen. Scontento danzatore, ero senza scopo ma con direzione. Per strada potevo chiedermi quale il sentiero. La morte di Amerini mi lasciava solo. Avrei visitato posti e persone che non vedevo da dieci e più anni.
Mi sono fermato qui. Assistito da giovane peruviana con inesatto accento veneto che non c’era dieci anni prima, il resto delle cose più o meno le stesse, con inclinazione verso l’alto, e delle domande che mi posso fare. Può esprimersi il legame col territorio in molti territori? Se diventa un mezzo e non un fine, i vini saranno autentici? E se i vini sono buoni, che ne è dell’autenticità? Problemi miei, qui trovavo una facilità di vita e di rapporti e le cose prima delle domande.
Alla sera cenavo qui. Bella Sarah, bellissimo il posto, l’uliveto, le botti abitazioni, il grande orto biodinamico. Mangiavamo a metri zero, come diceva lo chef di accento napoletano assai ma di nome Mike e nato a New York. Ai tavoli ragazza svedese, come deve essere, agisci locale pensa globale. Sento i numeri aggiornati del Prosecco, ogni giorno sulla Terra se ne stappano due milioni di bottiglie. Ne assaggio diverse tipologie, da vigna vecchia, ancestrale ma sboccato, senza solfiti, più zucchero meno zucchero. Mia inettitudine a cogliere tante piccole differenze in un vino così delicato. Penso a quante tipologie di pastiglie per il mal di testa inventi il marketing, rimango perplesso. Problemi miei, qui trovavo cura e bellezza come sentiero, e una delicata fortissima volontà di procedervi.
Arrivavo fino a qui, posto di donne, la comandante in capo tipo tosto. Il luogo e le persone mi appaiono più uguali che diverse, l’unico divenuto sono io. Mi viene fatto notare che l’azienda si è fatta più robusta, le macchine e i mutui più grandi, gl’impianti delle vigne migliorati, sullo sfondo della competizione sulla qualità e il prezzo. Qui trovavo una percezione chiara di come va il mondo, c’è il mercato e ci sono rimedi tecnici e c’è la volontà di adottarli perché sentiti necessari. Potevo chiedermi se era un sistema di pensiero o una fede, ma era un problema mio.
Mancavo l’incontro con Stefano, ci sfiorammo per strada, lui diretto a sud io a nord. Ci prendemmo in giro al telefono, non potei prendere visione della sua barba biodinamica e di un sentiero percorso da un’altra volontà.
Arrivai anche qui, e mi piacerebbe mettere un link, ma l’unico è il mio. Gregorio divaga, come allora. Qui è l’asse del mondo, ed è una pianta di prosecco, ed eterna la Grande Guerra. Riporterò solo questa: molti veneti parteciparono all’invasione della Russia da parte di Napoleone, molti morirono e alcuni si stabilirono. Scende dall’aereo bielorusso un ragazzo, è tale e quale a Putin, ma il suo nome è Putìn, che in dialetto vuol dire pargolo. Da Valdobbiadene scrivono al presidente russo se volesse fare l’esame del DNA. Nessuna risposta dal karateka, supposero non ritenesse opportuno seminare il dubbio che il nazionalismo russo avesse le sue origini nella zona del prosecco, lasciarono cadere la cosa.
Non c’è o non più volontà in Gregorio, e sembra una forma di felicità. Prima di lasciarci però vuole che andiamo a fare una foto di certe erte ripe di vigne, malandate perché vogliono un lavoro eroico, che oggi non è standard. Chiedo se la posizione eroica fa il vino eroico, mi dice di no mentre mi mostra un buco sul sentiero, dove stava il cannone nel ’17, puntato sul Piave.