Vino fatto di nulla

cquarelloC’è qualcuno che si reinventa vignaiolo sulle ceneri della propria storia, ma molti vini accompagnano l’evoluzione di una famiglia e devono più di qualcosa al legame di un padre e un figlio. Se conosci  Valerio Quarello senza conoscere suo padre Carlo, non cogli un aspetto del loro grignolino e barbera, un carattere affabulatorio portato alla divagazione.

Eppure Carlo pota preciso, nove gemme per pianta. Siamo così piccoli da essere invisibili e ogni anno sono sorpreso che qualche guida di Slow Food si ricordi di noi. Fino all’84 vendevo le uve, poi ho deciso che potevo provarci per conto mio. Qui a Cossombrato fino agli anni ’60, alla grande migrazione a Torino per la Fiat, era tutto a vigneto. Oggi fanno agricoltura da sussidi, su pendii mica tanto ragionevoli per il grano, la soia o l’erba medica – e adesso per le erbe officinali.

Un chilo di uva grignolino sta a meno di un euro, la metà per uve barbera. Allora che ci sia del vino che si vende a 80 centesimi mi rende perplesso. Una prima ipotesi è che sia vino invenduto, una seconda che sia vino torchiato. Una generazione addietro c’era l’idea di torchiare fino a quando le bucce fossero bianche. Spremi ancora un po’ di colore, aggiungi zucchero, aggiungi alcol. Se l’etilico ha le tasse alte, aggiungi il metilico, quello che usiamo per disinfettare. Ti va male proprio solo se sbagli le dosi, e quel medico del Niguarda considera che quei venti affetti da cecità del suo reparto hanno una cosa in comune, l’alcolismo. Commercianti che hanno fatto fortune con questo sistema e in Val d’Aosta poi, che sarebbe più popolosa oggi se non avessero fatto tanto consumo di torchiato trent’anni fa. Vino fatto di nulla, quando va bene.

E poi c’è il vino di carta, un effetto del sistema dei doc. Fino alla resa del disciplinare costa 2x, oltre diventa vino da tavola e costa x. Che seria contabilità eh? Il sistema dei doc alla fine non ti garantisce nulla, forse solo una provenienza territoriale, ma meglio non indagare troppo…

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