Di nuovo a rompervi la testa che in campagna le cose non vanno. C’è la fuga. Vedi, in questa valle 30 anni fa eravamo 11 famiglie a vivere di agricoltura. Oggi siamo rimasti solo noi. Così i Gamba.
E ci sono i prezzi. Dodici anni fa abbiamo piantato dei pioppi. Valevano allora 7000 lire al quintale. Oggi a tagliarli prendiamo 50 centesimi. Grazie lo stesso, magari li usiamo a scaldarci, qui l’inverno è lungo. Se sono in piano, passa una macchina e forse ricavi quattro euri. Ma se sono in pendenza, mettere un uomo a tagliare? Uh per carità, costa troppo.
Vuoi provare coi cereali? Brezza dopo trentacinque anni, quest’anno smette di piantare il grano. Valeva 35000 lire al quintale quando c’era mio papà negli anni ’90, oggi 13 euri. Pianterò orzo, lo userò per autoconsumo, come mangime alle vacche.
Per la teoria classica, c’è un eccesso di offerta. Anche secondo Massimo Rivetti, c’è semplicemente troppo vino. Questo vale a livello globale, persino in Cile, Sudafrica e Australia hanno smesso di piantare barbatelle. E qui da noi succede che Fontanafredda faccia le scarpe al ribasso a Terre del Barolo nelle gare internazionali.
Massimo sta in zona di pregio, è un vignaiolo molto tecnico, con un’agenda che lo porta in Giappone, negli Stati Uniti, a Dusserdolf, a Montpellier. Partendo dall’azienda di famiglia, negli anni ha messo su 20 ettari tutti accorpati al Bricco di Neive. Il figlio è alla scuola enologica di Alba.
Quindici anni fa mi bastava portare i registri del vino in banca per avere un mutuo. Adesso hanno talmente tanta terra a garanzia le banche, che se vuoi un mutuo devi metterci la casa. Mi mostra la collina di fronte. Vedi, da laggiù alla stradina è di x, ipotecata. Dalla stradina al ciabot è di y, ipotecata. Dal ciabot al crinale è di z, ipotecata. Il resto è mio di me, ipotecato. Un trattore nuovo diventa un incubo.
Massimo tiene duro, non svende. Però lo sveglia di notte il dubbio che stavolta non è il ciclo, che la notte è lunga e il buio fitto. Per intanto i redattori di guide continuano ad assaggiare 80 vini al giorno, la Regione pensa che ci sia un problema di comunicazione e mette su il museo del vino, i Consorzi dicono ah, le fascette sono andate via tutte. Certo, dice Massimo, se ti apro quel cassetto là, è pieno di fascette, mica vuole dire che il mercato se le compra.