Quando Valerio Quarello di Cossombrato voleva smettere di studiare per fare il vignaiolo, suo padre disse – Guarda che vendere il grignolino non è come vendere il barbera o il nebbiolo. Vendere il grignolino è una missione, il vitigno è complicato e il vino difficile -. Questo succedeva otto anni fa, oggi Valerio ha 30 anni.
Siamo vignaioli almeno da mio bisnonno, che andava a Torino a vendere il vino col bue. Siamo vignaioli autodidatti, con molta esperienza e le insicurezze dell’autodidatta. Prevedo che entro un tot di anni ci vorrà un patentino per fare il vino, con altri paradossi, come si può vedere dagli enologi che sforna l’università, che vengono a dirmi come si fa il grignolino dopo aver fatto una tesi sul passito di Pantelleria.
La differenza tra vino sfuso e imbottigliato sta tutta nella selezione delle uve. Il grignolino infatti è molto discontinuo, la resa e la maturazione varia non solo da vigna a vigna, ma anche da pianta a pianta.
Per me il vino quotidiano è il grignolino. Facilita la digestione, si vede che la sua acidità si sposa bene coi succhi gastrici. Lo consiglio persino come rimedio quando hai mangiato male, o magari bevuto male, come capita spesso anche al ristorante, ed è in atto quel processo di saponificazione nello stomaco: mezzo bicchiere di grignolino mette a posto meglio di un amaro.