Robiole

OLYMPUS DIGITAL CAMERAGiornata che piace all’oidio, un sole sporco e una brezza malata del duro luglio 2010. Qualche ora con Claudio Solito della Viranda, su una strada in cresta da San Marzano Oliveto a Roccaverano, passando Belbo e Bormida, in visita all’eroico odierno, Marco e Fabrizio della Masca, allevatori di capre e fabbricatori di robiole.

Il mal bianco rimembra campane e sirene che allarmavano le colline pei trattamenti fino a 15 anni fa, quelle dalle parrocchie e queste dai consorzi. Oggi è silenzio, l’occhio può andare a leggere in municipio gli elenchi di prodotti chimici da dare, prontuari politicamente corretti, a un prodotto Bayer segue un prodotto Agrifarma e via bilanciando.

Questo silenzio delle campagne mi ricorda uno sfogo di Giovanni. E poi mi vengano a dire che la qualità della vita è migliorata. Quello là vent’anni fa lavorava con venti chili sulle spalle a dare il verderame e cantava tutto il giorno. Oggi che c’è il trattore e tutte le comodità, bestemmia peggio di me, che se passa don Romano ci squalifica tutti e due.

Altro secolo, altro male. Anche qui in cresta, dove le pendenze non fanno gola alla meccanizzazione e l’ambiente è sano, la flavescenza imbrunisce una vigna qua una vigna là, in mezzo tutto bene. Lo scafoideo risulta più imprevedibile del dado, non sai se si muove o sta fisso. Esiste una spiegazione olistica della flavescenza, la vigna forzata a produrre è quella soggetta a malarsi, ma l’osservazione smentisce. Ci sono i trattamenti obbligatori, ma tutti sanno che servono a niente, a parte l’industria chimica. E’ un male che si conosce poco, neanche i francesi lo hanno inquadrato. Non sarà un’apocalisse, si convivrà.

Chi convivrà? Il 60% della forza è oltre l’età della pensione, e non ci salveranno i rumeni. Molte terre in vendita, con 1 euro e venti al metro prendi belle posizioni. Il problema sono le case, se le accaparrano svizzeri e pure americani. Assisteremo alla divisione tra terra e case, chi lavorerà non abiterà.

Per Claudio cosa urgente è separare la piccola azienda agricola dall’agroindustria, non deve la prima avere gli stessi obblighi formali e fiscali della seconda. Lasciare correre il piccolo, non imprigionarlo per i salami fatti in casa, non chiudergli il laboratorio non piastrellato fino a 2,40, non torturarlo per un’etichetta fuori norma. Così si affronta la notte prossima ventura, di nuovo un’agricoltura di sussistenza, con l’orto, gli animali e il ciclo della fertilità. Prima la pancia piena, se no sommosse.

Nella piccola azienda sarà sempre il titolare a guidare il trattore. Se infatti accadesse un infortunio al salariato, l’Inail obbligatoria pagherà il salariato ma si rivarrà sul titolare con i mille obblighi di legge inosservati. Se invece si fa male il titolare a Rocchetta Palafea, l’Inail obbligatoria lo pagherà 7 euri dopo la franchigia e l’obbligo penale di presentazione ad Asti per la firma. Scommettiamo che l’Inail è in utile? Scommettiamo che l’agricoltore coscienzioso si fa un’assicurazione privata?

E’ l’Associazione Rurale Italiana che si occupa di promuovere una proposta di legge sulla piccola proprietà agricola. Fanno festa alla Viranda l’ultimo di questo mese.

Siamo alle robiole infine. Ecco gli isolati da medaglia al valore civile, le sentinelle del nulla, i bisognosi di silenzio, le guardie dei muri a secco, gli allevatori di capretti da latte materno di fronte ai camion di bestie orientali da 2 euri al chilo. Scommettiamo che uno studio di settore si occupa anche di loro?

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