Sagrìn

bersani_anni_dopoC’era una volta un ceppo, si chiamava Settore Privato. Per anni quel metodico falegname levava e piallava e asportava, finché fu chiaro a che mirava scolpire, un crocifisso. Ma quello scrupoloso scultore aveva un ideale stilistico, Cristo in croce lo voleva à la Giacometti, al limite matematico della smaterializzazione. Perciò non smetteva di levare e piallare e cesellare, e trovava che ce n’era pur sempre troppo.

Dalla metà di ottobre una bottiglia di grappa costerà il 15% in più. Soldi che vanno allo Stato, mi dicono per indeterminare precari scolastici. Non si chiamano tasse, si chiamano accise.

Settembre sagrinà per il dilemma dell’auto, un vecchio fuoristrada che fa parte di te, 320 mila kilometri tra Costigliole e Santo Stefano, scorciatoie e fanghi. Cambiarlo? Tanti soldi e modelli anabolizzati o femminizzati. Manutenerlo? Tanti soldi e la polizia che ti ferma per fare il tampone alla nafta, per vedere se è agricola. Nel qual caso la multa si precisa in un euro al kilometro! 320.000 euri di multa!

Quel corpone si stringerà in una Panda, ad evitare malintesi col redditometro. Scorciatoie addio, addio fanghi. Meno iva per lo Stato, meno urgenze per l’agricolo. E’ da un po’ che insisto, prendi un mulo e fai al minimo. Dice che i fratelli Rivetti già arano col cavallo, vedi che si può?

E’ che il minimo è tanto per il viticultore. A tagliare sulla dedizione rischi il raccolto. Ti conviene forse tagliare sugli ettari. Un ettaro di vigna vale infatti per lo Stato 150 giornate lavorative, la soglia oltre la quale la tua attività agricola è considerata prevalente, con conseguenze a cascata di contributi, obblighi, controlli, spese e corvé, la macchina che tortura e stritola. Ecco perché l’anno scorso chiusero in provincia di Asti quasi cento aziende agricole, molte di vigna.

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