Nella ripetitiva temporalità di un’azienda agricola ci sono delle discontinuità, i figli a un tratto sono cresciuti e parlano inglese, il progetto acquista la profondità delle generazioni. Si cambia etichetta. Si comunica.
La carta da opaca si fa lucida. Dal fondo bianco, evocativo di un pranzo domenicale, si passa a un nero serale, più adatto a una cena di seduzione. Dalla distribuita presenza del testo si svolta a un grafismo centralizzato, il nome del produttore va fuori scala per sicurezza di essere letti, gli spazi, prima delimitati secondo rapporto aureo da un accenno di onda rotatoria taoista, oggi comprimono in basso una fascia bianca, di indole gaja.
Si semplifica. Dell’intestazione burocratica, prima cognome e poi nome, rimane un concetto nuovo e più audace: Family Farm. La famiglia e il radicamento si presentano ad estranei in lingua estranea: la bottiglia risulterà estranea o famigliare? Parmi contraddizione ombelicale.
E mi chiedo: i mercati esteri sono forse per sempre? Chi è sicuro che non ci sia un dazio all’orizzonte? Colui è certo che non c’entrino nulla ZIRP e NIRP? Sembra a colui possibile che questa piramide di carte da gioco sia costruita sulla roccia e non abbia invece la tremante natura di gomito smemorato affetto da Parkinson?