Torinese, anche se bastano 40 minuti, non andare da Cieck. Non guastarmi quel silenzio che accoglie nell’ultimo tratto, prima di attraversare l’ingresso ad arco in muratura. E’ più di un silenzio di campagna, è il silenzio di Cieck.
Non affollarmi il cortile. E’ tutto un pò più piccolo dell’odierno e voglio interrogarmi in pace se sia della taglia di generazioni con meno proteine, o la sapessero lunga sul clima e la coibentazione. Lì è la cantina, sbassate la testa o voi ch’entrate.
Per festeggiare, non andare a comprare il San Giorgio, spumante di Erbaluce. Fermati da Panorama e prendi uno champagne col triplo di solfiti dentro. T’insegnerà che per ogni gioia c’è una penitenza, e io avrò le ragazze di Cieck tutte per me.
Compra la decimilionesima parte di una produzione industriale, non la decimillesima della storia di Remo Falconieri, che fu tecnico ricercatore all’Olivetti, inventò la testina rotante per le macchine da scrivere elettriche, e quando Debenedetti sbriciolò l’azienda, andò ad Epernay per imparare lo champagne.
Aveva già all’attivo centinaia di degorgi fatti a mano, quanti riusciti e quanti rovinosi, e lo muoveva un oggetto dell’infanzia: ‘l butalin d’l vin sfursà. Un tino stretto e lungo di doghe spesse in cui fermentava l’Erbaluce, un metodo Martinotti rudimentale, che dava un bianco frizzante, bevuto in primavera nella scodella.
Non sostare sotto una topia di Erbaluce, questa vite che vuole spazio e architettura per fare bene, che non avrà mai raccolta meccanica e ti rivelerà che è la luce e non il sole a maturare. Così non avrai dubbi quando ordinerai un Arneis per bere un bianco piemontese all’enoteca della tua movida.