Tra Gamalero e Taconotti

smith   Se sei un produttore, penserai che il prezzo incorpora tutto il lavoro necessario, inclusi gli ammortamenti di macchine e strutture. Sarai un sostenitore della teoria classica. Se sei un consumatore, penserai che il prezzo è pari al valore d’uso per te, sarai un marginalista. Se t’interessa dove incrociano questi due prezzi, farai del marketing. E se non ti piace il marketing, beh auguri, domani è un altro giorno, l’equazione non ha soluzioni.

Questo il sunto di mattinata a Tenuta Grillo da Guido Zampaglione, persona che ha studiato e senza calli è agricoltore e produttore di vini naturali tra Gamalero e Taconotti, sul bordo del Monferrato verso l’alessandrino. Colline di pianura il paesaggio, con lontananze. La casa padronale e gli annessi fanno un corpo unico al centro delle vigne. La cosa entusiasma Guido come buona logistica agricola.

Non è come in Irpinia, dove i campi stanno sparsi, ore a piedi col pezzo di ricambio per il trattore. Se il pezzo c’era. Questo prima dei telefonini. Ma anche dopo, non sempre c’era chi ti salvava.

Da Guido infatti puoi comprare anche il Fiano di suo padre, fatto a 900 metri a Calitri, un vino autoevidente, fiorito al naso pepato in bocca.

Questa mattina di mezza estate piove dopo un mese di secco. Le rose selvatiche. Cos’altro ricorderò tra Gamalero e Taconotti, qualche parola con un agricoltore di buona famiglia meridionale.

Terra parecchia e cantina piccola, così molta uva va alla cantina sociale di Mombaruzzo. Quando per il cortese mi hanno offerto 30 centesimi, mi sono messo a vinificarlo da me. Con lunga macerazione, come i rossi. Questo bianco di emergenza è diventato quello che vendo con più facilità, bianco da invecchiamento. Ho sempre voluto fare vini da invecchiamento. Cerco la densità.

Quando la commissione mi ha rifiutato la doc per il dolcetto, che è molto tipico di questa zona, per disgusto ho declassato anche il merlot a vino da tavola. Il sistema delle doc fa acqua non vino. Diradando di brutto per fare poca uva, se non fossi persona seria e vendessi i miei bollini, starei economicamente molto meglio.

L’uso dei lieviti indigeni è molto importante. Quando mi hanno sfidato alla cieca con due vini, uno con lieviti industriali e uno con lieviti del posto, ci ho sempre azzeccato.

Tra i vini naturali, i miei hanno un prezzo relativamente basso. Sono cari ma non costosi. Certo, una bottiglia di Brezza costa la metà. Ma è un vino più liquido, la bocca mi dice che produce quasi il doppio di me, e allora i conti tornano.

Non tutti i pasti vogliono un vino denso e strutturato, ma qualche volta sì. Mio padre fa il viaggio da Calitri a qui con la Elba, ma sempre penso che dovrebbe farlo almeno con la Skoda.

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