Col tempismo della dissenteria, i Consorzi di Tutela finalmente tutelano. Mentre il barolo sfuso quota la metà di un anno fa, si applicano gli stessi controlli del barolo su tutte le doc, su ogni bottiglia una fascetta stampata dal Poligrafico dello Stato e numerata dalle Camere di Commercio.
Le Regioni, questa caricatura di sussidiarietà, finalmente garantiscono. Hai coltivato 100 chili d’uva? Paga 40 centesimi al Consorzio. Dall’uva hai fatto il vino? Altri 40 centesimi. L’hai pure messo in bottiglia? 40 centesimi, prego. Trascurando i fax, i bonifici, i registri, i campioni d’analisi, i costi delle analisi, i costi delle fascette, i costi per mettere le fascette sulle bottiglie, e le multe siderali se qualcosa va storto.
La Regione Piemonte, quella che prima ha dato i soldi a Soria e poi si è dichiarata parte lesa, non avendo — unica tra le Regioni — neanche un’Indicazione Geografica Tipica, garantisce ancora di più. Un vino piemontese d’ora in poi avrà la fascetta o sarà un Vino da Tavola.
Cosa vuol dire tutto questo, amico e cliente? Vuol dire che faccio sempre più fatica a comprare un vino con la doc, e in carta troverai un mucchio di sigle e nomi di fantasia da decifrare.
Vuol dire che la burocrazia dello Stato Tecnico rinchiude in un CPT indifferenziato un sacco di vino buono, condannato a dichiararsi grignolino o barbera solamente in clandestinità, nella comunicazione orale tra te e me. Vuol dire che sugli scaffali del supermercato troverai un monte di vino mediocre in bottiglie fascettate, perché l’unica relazione ammessa tra te e il vino è l’acquisto di una bottiglia bordolese o di un brik.
Per questo ti dico, ancora c’è modo di esser libero, prendi la tua damigianetta e vai in campagna. Vai alla botte. E se sei pigro, vieni da me, la qualità senza nome è qui.
Dei Consorzi di Tutela ho parlato con alcuni agricoli, qui sotto ho immaginato un forum, come quelli della carta stampata.
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Binello: Ormai tutto il vino che vendo in damigiana è vino da tavola. Ma nessuno mi ha mai detto — come faccio a essere sicuro che è grignolino? Così come nessuno, dico nessuno, mi ha mai chiesto cosa significa la fascetta sulle bottiglie di Nebbiolo, o come mai quella bottiglia non ha la fascetta, o mi ha detto voglio una bottiglia con la fascetta.
Claudio Rosso: Starò dentro il discorso dei Consorzi con un piede, perché i ristoranti vogliono Barbera d’Asti in etichetta, ma per il resto mi chiamo fuori. Persino il Cardin, il vino più importante dell’azienda, sarà un vino da tavola. Credo infatti nelle visite qui in cantina, nella degustazione diretta, nel rapporto con mediatori sensibili alla realtà del piccolo produttore, e in questo modo la doc diventa irrilevante.
Barosi: Non è che provi tutta sta simpatia per i Consorzi, ma inventatemelo voi un qualche sistema che impedisca che in una bottiglia con su scritto dolcetto ci sia dentro dell’altro. Sì, io penso che ci sarà in giro meno Dolcetto di Dogliani e quindi il prezzo aumenterà o comunque sarà per me più facile venderlo. Almeno fino a che non sarò il numero uno del dolcetto. Allora fonderò un consorzio perché basti scrivere in etichetta — vino da uva dolcetto senza gomma arabica, tartrati, citrico e altri trucchi di cantina.
Binello: Noi abbiamo assorbito i costi del Consorzio e delle fascette senza aumentare i prezzi. Coi tempi che corrono. Per la fascettatrice automatica abbiamo speso 3000 euri. Poi siccome la capsulatrice ogni tanto sbaglia la capsula, ci siamo ridotti a mettere le fascette a mano. Trovo assurdo comunque che ci sia un Consorzio per la Tutela dell’Albugnano: siamo in 9 produttori a farlo, non c’era nessun problema di eccessi di produzione o mercato parallelo.
Claudio Rosso: Per il Barbera d’Asti è diverso, siamo in mezzo a un mare di barbera, e solo la metà è a doc. Il presidente del Consorzio calcola che ce ne siano 150.000 ettolitri di troppo nelle cantine, che è un bel numero. Risultato, quest’anno l’uva costa 3 euri al miriagrammo. Meno del costo di produzione. Avanti così e in qualche anno un bel pò di piccoli produttori chiuderanno. I Consorzi sono stati voluti dai grandi imbottigliatori.
Giovanni Bianco: Qui è un po’ che dico che siamo su una zattera alla deriva, ma quest’anno ti dico che c’è solo più un chiodo che la tiene assieme. Questa dei Consorzi è l’ultima, la Camera di Commercio, la CIA, ognuno ti dice una cosa diversa, anche due persone dello stesso sportello. A me piace lavorare la terra, quel profumo di erba tagliata al mattino presto, ah. Ma qui ormai è tutto un foglio, una carta, un fax. Guarda un po’, è dal 2006 che ho smaltito la carcassa dell’ultimo vitello che ho avuto, ogni anno l’ASL continua a chiedermi soldi per sto vitello. Ecco il fax che gli ho mandato l’altro mese. Vi comunico che l’unico animale rimasto sono io. La mia carcassa sarà forse smaltita da mio nipote quando sarà il momento. E intanto Morando ha messo su un cartello, se vuoi vendere l’uva, 2 euri al miria. O svendi le uve, o svendi il vino. E Morando sì che avrà le fascette.