Qual è l’ubi consistam mio e di Vinologo? E’ il settore primario, in tempi di post-trionfo terziario e quartario, di agricoltura stritolata da registri elettronici e fatture telematiche, agricoltura senza cellulare, agricoltura che non canta più. Si chiama Giovanni. Giovanni-a-venta-piantéla-lì.
Si pranza alla Cròta ‘d Calòs. Ma vogliamo uscire un po’ dalla retorica dei Patrimoni dell’Unesco? Pubblichiamo allora uno stralcio di conversazione tra Giovanni, Greco e me — chi è Greco dirò un’altra volta. Calosso come paese cadavere, parla Greco.
Una volta a Calosso c’erano due drogherie, tre macellerie, persino due cartolerie, tutte le sere si andava in fondo al paese, si giocava al balun, si scherzava, di domenica ti conveniva lasciare l’auto prima della piazza se no non passavi o dovevi aspettare che la gente si spostasse. Adesso non c’è più un negozio, dei due bar uno ha chiuso e l’altro lo segue tra poco, farà dieci caffè in una settimana, se vai in paese di giorno feriale a jè gnun, non parliamo di sera e gioventù, se vai di domenica in piazza trovi 4 macedoni, di quelli che non pagano neanche l’assicurazione che se ti capita di bocciare con uno di loro sei rovinato, e con la macchina puoi andare fino in chiesa. Ma non davanti, puoi andare fin sui banchi.
Dice Giovanni che al mattino ancora, ma se al pomeriggio inciampi su un tombino e cadi e ti fai male, puoi rimanere lì anche fino al giorno dopo.
Chiedo perché.
Parla Greco. I supermercati, la morte, internet, i telefonini, i giovani con l’orecchino e i pantaloni col cavallo basso, che se mi viene a chiedere di lavorare, lo guardo e dico vai pure, tsei nen purtà.
L’ubi consistam mio e di vinologo è agricoltura no foto, perché siamo tutti irochesi, la foto porta via l’anima e così non mi oso, tanto peggio per i social — e invece oggi pubblicherò anche due foto di Giova, l’estremità superiore e quella inferiore, quest’ultima in absentia. 49 è la misura, non importa come siano, quando si trovano della misura, si comprano comunque.
Immaginiamolo dunque che si mette in pari coi lavori, non come fanno tutti passando diverse volte facendo un lavoro solo, ma passando una volta sola e facendo tutti i lavori. Una cosa come il mare, che non si vede la fine mai.
O a una conferenza di Monticelli sull’ultima piaga d’Egitto, la cimice asiatica, quello che tocca fa puzzare, e così il vino.
O alle prese coll’oidio, a ma-atìa. Giova si difende con lo zolfo in polvere, tanto e presto. Non quello soluto in acqua, che non arriva dappertutto, quello che brucia gli occhi, che non è amato ma funziona meglio dei sistemici.
O che distingue l’acqua per i pomodori, che preferiscono scaldata dal sole, da quella per i peperoni, che preferiscono freddissima di pozzo.
O che guarda un bicchiere di Lato B 2016 in controluce e storce il naso perché secondo lui non è cristallino, e io guardo anche e vedo una sostanza impenetrabile da 15,50 di alcol. E penso con calma che troverà dei clienti che ci spenderanno sopra dei soldi con la stessa paura-fiducia con cui io metto la mia mano di taglia media nella sua mano fuori scala.