Vino Mondo

Non chiedermi perché, ma ho fatto il compleanno ai tristi tropici, un posto dove le strade sono sensatamente considerate un luogo pubblico. Peccato che sia vietato fumare in luogo pubblico. Avrei fumato volentieri sul balcone, se non ci fossero state troppe scimmie per i miei gusti.

Bersi una birra ghiacciata è solo leggermente più tollerato, del resto c’è un limite a quello che puoi mangiare insieme a un succo di papaya. Il vino è agli arresti domiciliari negli hotel e ristoranti più costosi. E’ l’occasione di guardare il mondo del vino col cannocchiale.

Mondo del vino è un’espressione congrua, come si giudica dalla lista del Mount Lavinia Hotel, un posto dove ho passato pomeriggi e che merita gratitudine per avermi sottratto dal resto. In cosa consiste la mondità del mondo? In luoghi comuni classificati dalla distribuzione e un cliente finale rassegnato. Banche, container.

Che effetto ti fa la mondità del mondo? Una lontananza disponibile, come entrare in un’agenzia di viaggi.

Raddoppio. Su una poltrona tropicale del Mount Lavinia apro McInerney, voglio leggere il mondo del vino da uno scrittore brillante di New York, uno che aprirebbe anche la mente coi suoi vini Botero e vini Modigliani, vini Orlando Bloom e vini Colin Farrell.

Ma quando vedi che imbrocca un Haut Brion del ’97 in degustazione alla cieca, che ha accesso comitale alla cantina di Julian Barnes e prende l’aperitivo con Raymond Carver, avverti che è un’altra lontananza, disponibile a chi ha talento e denaro.

Così intendi quando faticosamente torni che la tua lontananza è lì, sessanta kilometri oltre, democraticamente disponibile eppure vivente poco sopra un silenzio, e ti sembra vera lontananza.
vinomondo

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