Giulia

kanteTrovalo Edi Kante senza navigatore. Anche quando sei in località Prepotto, invano cercherai un cartello scritto. Sarà un trovarlo orale, ma in una giornata come questa, pioggia e vento, senza fortuna puoi aspettare ore prima di vedere persona. Nel frattempo, senti la roccia sotto i piedi e guarda l’Adriatico laggiù.

Sono qua senza precomprensione, su una vecchia soffiata. Sono affidato a un giovane che parla stento. Il Carso è un territorio roccioso che geologicamente prosegue in Slovenia, ci sono targhe slovene sullo spiazzo.

Boris mi fa visitare la cantina. E’ scavata al vivo nella pietra, va giù per quindici metri. Al piano -3 il mosto è messo a fermentare in barricche esauste per un anno. Poi sale a -2 e va in acciaio se bianco, in legno grande se rosso. Il terzo anno sale ancora per l’imbottigliamento. Vuoi per questo lento maturare in ambiente costante, vuoi per le bottiglie dal collo stretto, sono bianchi con lunga evoluzione, nonostante la bassa solforosa.

Sul Carso il suolo utile per l’agricoltura è sottile, le rese in vigna sono naturalmente basse. Gli impianti sono alla francese, piante fitte e poca produzione per pianta. Il clima è ventoso, l’uva sana.

Un po’ alla volta capisco di essere fra i vini naturali, a casa di un carismatico. Ma come capita ai cultori della tuke aristotelica, l’improvvisazione che apre al buon incontro, sperimento un incontro mancato. Il signor Kante neanche mi saluta, sembra il coniglio bianco di Alice nel Paese delle Meraviglie, quando ripete non ho tempo, non ho tempo.

Così
Take up my little Violin –
And further North – remove.

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