Gloria Chiomontis

nazionaleNella nazionale dei vini piemontesi di Soldati del 1957 la mediana era composta da tre vini “anziani e potenti: Gattinara, Barolo e Chiomonte”.

Chiomonte?

Per chiarire il mistero del Chiomonte sono andato a Gravere in Val di Susa, da Sibille. Ci ho trovato Fulvio, giovane vigneron di montagna che ama lo champagne. Ci ho trovato vigne tra 600 e 1000 metri, muretti in pietra sempre da rifare, rese bassissime con vigne fitte, un suolo pietroso e un vento che contribuiscono a minimizzare i trattamenti.

Ci ho trovato l’Avanà, il Becouet, il Gamay e il Pinot Nero, ma non c’era il Chiomonte. Fulvio è tra quelli che più si è battuto per la doc Valsusa Avanà, che poi non è passata. Oggi la doc Valsusa non s’identifica strettamente con quel vitigno autoctono, che dà un vino scarico di colore e dalla bocca nitida, da bere giovane. Fulvio si è battuto per i vini in purezza, per la scomparsa del Chiomonte, per la bordolese da 75.

A sentire Fulvio il Chiomonte era infatti un uvaggio di barbera, dolcetto, avanà, becouet, gamay e dio sa cos’altro.  Uve che maturano in tempi differenti. Se non c’era dolcetto andava bene qualcos’altro, il Chiomonte ogni anno era un vino diverso. Un vino che andava in damigiana.

Sic transit gloria Chiomontis. Oggi Fulvio è un valsusino no tav, che non ama la globalizzazione, e io mi ritrovo a volergli bene, perché capisco che è una singolarità. Oh Mario, dove sta il confine tra il bene e il male?

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