Sono sempre innamorato della Toscana, soprattutto di come parlano, ma anche per come mangiano e per quello che vedono. Tuttavia, non conoscendola bene, per i sentieri del vino mi devo affidare ad altri e mi risultano spesso un po’ tortuosi. Il mio virgilio è Roberto Nistri, uno dei boss di controradio, che però per la campagna ha bisogno di virgili pure lui. E’ così, attraverso amici di amici, che sono finito da un conoscitore del territorio. L’espressione non è mia, è sua, del conoscitore del territorio. Che fai nella vita? Il conoscitore del territorio.
Beh, questo conoscitore del territorio devo dire mi ha portato in una situazione davvero speciale — il prete di Cortine e il suo factotum-cantiniere Gino, 92 anni il primo e 82 il secondo — ma di ciò un’altra volta. Non essendo riuscito a combinare nulla a Cortine, il giorno dopo ho voluto andare ai piani alti, e sono stato a Montalcino.
Che bel posto! Che ampi orizzonti! Che bello il paese e che bella vegetazione! Come si può stare bene a Montalcino!
Abbiamo visitato l’azienda di Stella Viola di Campalto, un’estensione di 5 ettari acquistata nel ’92 dopo un abbandono di 40 anni, dai tempi della mezzadria, dalla II guerra mondiale. Un’azienda isolata da boschi, naturalmente biologica, certificata nel ’96 e steineriana dal 2002. Stella enfatizza quest’ultimo passaggio: Il vino è cambiato da così a così.
Stella di Campalto si trova nella zona sud. Montalcino è il secondo comune d’Italia per estensione, tra la zona nord e quella sud ci possono essere 4 gradi di temperatura media di differenza. A nord c’è più malattia in vigna, il vino è in genere più elegante ma più magro, a sud viene con più alcol.
La cantina si articola su tre piani, in modo che dalla pressatura alla fermentazione all’invecchiamento il vino si muova senza pompe, per gravità newtoniana. Stella sottolinea il lavoro in vigna, il diradamento feroce, l’esigenza di un’uva perfetta.
Pur essendo vigne col bollino da Brunello, Stella lo declassa a Rosso di Montalcino per uscire dopo 10 mesi di affinamento in bottiglia invece dei tre anni del disciplinare. Il suo Rosso, complice la sua rarità — neanche Stella riesce a berlo a tavola — è un vino grasso, speziato, che parla e parla ancora.
Di Stella ricordo ancora il suo giudizio sul Salone del Gusto: Un’esperienza che non ripeterò. Che differenza con Fornovo! A Torino arrivavano con l’aria torva ancora prima di assaggiare — e ci credo: per 70 euro di degustazione mi devi dare veramente la luna…