Weltanschauung

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Ogni tanto leggo un articolo che parla di agricoltura, cerco un segno meno e non lo trovo, neanche fosse il resoconto di un piano quinquennale. Anch’io incontro aziende agricole col segno più, più fatturato, più esportazione, più tasse, più costi e più resa marginale decrescente. Sono quelle che non ci possiamo lamentare.

Ma i vini migliori li trovo dove è il senso delle ultime cose, dov’è un Geremia. Come mai? Dove s’interrompono la languida catena delle generazioni e i prevedibili nessi di causa effetto, il vino si spoglia di componenti calcolati e diventa espressione.

Ma espressione di che?

C’è quello che sessantenne non gli rimane che giocare e combattere perdente con le etichette, come se il problema fosse lui che dichiara barbera un vino senza doc, e non le centinaia di migliaia di bottiglie contenenti vino scadente con la docg autorizzata.

C’è quello in via di convinzione che non solo le mezze, ma spariscano le stagioni intere, estati e inverni mediocri che rafforzano gli insetti di tutte le famiglie. Che quando c’era mio papà erano inverni di vero gelo, la terra per 20 centimetri dura come un metallo, oggi si piantano barbatelle a gennaio.

Le barbatelle… Una volta le vigne duravano 70 anni, oggi dopo venti devi rifare tutto. Le piante come noi. Eppure dice che la vita aumenta, noi si dura. Rispetto ai nostri vecchi siamo come fotocopie. Uguali? No, sbiaditi.

Il primo da anni non dirada, custode di un equilibrio concorrente tra viti e infestanti, produttore di vini *enormi*. Il secondo dirada, ma in cantina è un Lao Tse del non agire, produttore di unico vino questo sì libero senza circuito.

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