Quando torno in Toscana, faccio tappa a Firenze da Rocco Marocco. Stavolta avevo appuntamento in Chianti, a Castellina, e la sera prima, a cena dal Giova, vicino al mercato di Sant’Ambrogio, con Rocco e Leo, chiedo che strada fare. Fai la Firenze-Siena ed esci a San Donato, no a Poggibonsi, e poi prendi per, per… Insomma si capisce che per due fiorentini DOC il Chianti è una meta vagamente esotica, dalla geografia incerta. Fuori porta il fiorentino va in Versilia, dall’altra parte al massimo va a mangiare il gelato a Greve. Il resto lo lascia agli inglesi — il resto è Chiantishire.
Gabriele Buondonno (a destra in foto con Rocco Marocco), laureato in Agraria a Napoli, compra 20 ettari a Castellina alla fine degli anni ’80, quando la terra costa meno in Chianti che nel napoletano. Ristruttura in modo conservativo i casali di proprietà, come attorno fanno gli olandesi, gli svizzeri, i tedeschi. Oggi li affitta tramite un paio di agenzie internazionali.
Coltiva in modo biologico 8 ettari di vigna: sangiovese – i nuovi impianti sono di quello tosto proveniente da Montalcino – merlot e syrah, per ammorbidire l’acidità del sangiovese.
Ha un mercato globale, dal Giappone agli Stati Uniti, una barca a vela lo attende forse per Pasqua da qualche parte, una copia del Manifesto sulla scrivania: la cifra è dunque quella del vignaiol-chic da Chiantishire?
Eppure, eppure. Fuori c’e’ il maiale a stabulazione libera, e i prosciutti che stagionano in cantina. E sarà l’appartenenza al consorzio dei Trimillii, o le esperienze con i Gruppi di Acquisto, o la curiosità per un modo più local, Gabriele non è chiuso alla via in damigiana. Anzi, ho dei vicini olandesi che coltivano la vite in biologico, potrei magari comprare le uve da loro, se avessi domanda di vino sciolto che non riuscissi a soddisfare…